venerdì 24 aprile 2020

La vita che voglio, tra Arte e Natura

“Se uno avanza fiducioso in direzione dei suoi sogni, e si sforza di vivere la propria vita come l’ha immaginata, incontrerà un successo inatteso in situazioni normali.”

(Henri David Thoreau)


Kräuterschlössl, Coldrano, 2013

Qualche anno fa sono stata in una fattoria biologica in Val Venosta, al Castelletto delle Erbe, per fare wwoof-ing. Raccoglievo fiori di calendula, fiordaliso, malva, iperico, petali di monarda, circondata dalle api, coccolata dai profumi e dal venticello. Ero strafelice e pensavo a quanto fosse bello potermi creare anche io una simile realtà. E vivere in piena natura.
Ho pianto tornando in ufficio dopo quella vacanza. Mi sono messa al desktop la foto del giardino per poter continuare a sognare. Mentre i miei colleghi mi guardavano stupiti e non capivano come ho potuto "sprecare" tempo per passare le mie ferie... lavorando.

Sono passati sette anni da allora, e io non smetto di sognare. Di immaginarmi in mezzo a un giardino.
Col tempo il mio sogno si è soltanto arricchito e affermato, è diventato più solido. Ho scoperto anche altri mondi così, e ho continuato a lottare con le mie paure, a insistere con la voglia di tornare a vivere come nella mia infanzia.

Sono cresciuta in campagna, nel paese dei miei nonni. Sono cresciuta con il sapore delle verdure e della frutta coltivata da noi, con i profumi delle peonie nel giardino a maggio, con la dolcezza delle angurie ad agosto, con l’odore delle marmellate cotte fuori, al fuoco di legna, con il colore del vino novello di mio nonno a novembre, con la tenerezza dei primi bucanevi a gennaio...
Ho sempre avuto le tasche piene di semi – ovunque andavo raccoglievo semi. Adoravo seminare, vivere con l’attesa di quella piccola punta di foglia che si faceva vedere dalla terra. Adoravo baciare quelle prime foglie per la gioia che mi regalavano. E per la libertà che vi era, tra tanti boccioli e semine.
Amavo andare in montagna. Scoprire le fioriture selvatiche. Raccogliere erbe e fare tisane.
Adoravo le favole che mi raccontavano i miei nonni. A volte inventate, in rima. A volte con fine diversa. Amavo disegnare. Creare cartoline con carta e matite. Fare sorprese. Ricamare. Decorare la casa per le feste. Scrivere. Leggere. Spingere la mia creatività al di là di ciò che c'era alla scuola. Guardare "al di là delle nuvole".

Poi la mia vita si è fatta tra altre scelte e altre realtà, in grandi città, uffici, aerei e alberghi, lavoro di giorno e notte, senza riposo, senza sabato e domenica, in servizio agli altri. Un lavoro duro per realizzare i sogni altrui. Finché un giorno una sola frase del capo dell’azienda mi ha fatto svegliare. Un colpo di fulmine. Un déclic! Un momento in cui ho capito che non potevo più rimandare la mia vita. E i miei sogni. E che dovevo tornare a connettermi a me stessa e a tutto ciò che ero io, che viveva dentro me sin dalla mia infanzia.
E dentro me ci sono tutti quei semi, tutti i miei amori, tutta la mia voglia di creare bellezza e gioia.
Mi sono buttata nell’ignoto, senza aver trovato i mezzi. E così sono quattro anni che mi sono ostinata di tornare a quel mondo di prima, a quella vita di prima. Insisto con le mie scelte, di vivere con il poco, ma meglio.
Insisto con il mio sogno.

Eccolo.
Lo "appendo" alla luce, così come fanno i giapponesi con i loro desideri "tanzaku" allegati ai ramoscelli dei bambù.
Cercando di capire quello che sono e cosa vorrei trasmettere di me, condividere con gli altri, contribuire al cambiamento del mondo, attraverso ciò che amo, ho definito due grandi gruppi di amori:
* Uno legato alla Natura – le piante aromatiche, le erbe medicinali, i fiori, i giardini, le tisane, il miele, le verdure, l’orto biologico, gli alberi e i boschi, tutto il vegetale in generale e il suo linguaggio,
* Un altro legato all’Arte – l’illustrazione, le immagini, i libri e gli albi illustrati per bambini, la poesia, la pittura, la fotografia, la creatività in generale.
E voglio unirli in tutt’uno.

Voglio creare un giardino-libreria, un giardino spontaneo di erbe aromatiche, di fiori e ortaggi.
Un giardino con una piccola libreria, con libri selezionati con molta cura, con spazio per piccole mostre, con incontri ispiranti, con mattinate poetiche e serate fotografiche.
Con spazi all’interno della libreria e all’esterno, nel giardino, per leggere libri a piccoli e grandi, per disegnare e dipingere, per seminare e piantare, per imparare a guardare, a osservare, per scoprire il piccolo mondo vegetale, per nutrire la fantasia con immagini, odori e colori, per inventare storie, per creare meraviglie, per costruire mondi.

E tante aiuole nel giardino da percorrere, tanti profumi da annusare, tanti petali da toccare, tanti fiori e foglie da raccogliere, tanti disegni da fare, tanti fogli da tagliare e piegare, tante pagine da riempire, tante parole da seminare.
Me la immagino così la mia vita. In un giardino-libreria.
Me la immagino fortemente, per poterla trasformare in realtà.

Perché voglio far "vedere l’invisibile, afferrare l’intangibile, sentire l’inudibile”.*
Perché voglio trasmettere e condividere la mia sensibilità.
Verso la Natura.
Le piccole cose nascoste in un giardino.
Tra due petali.
O tra le due pagine di un libro.

In cerca del mio posto, in un paese su una collina... e di una persona-collaboratrice che si ritrova in questo sogno...

Blue Nuvola

* scriveva Samuel Reynolds Hole parlando di rose...

lunedì 20 aprile 2020

Il vero poeta

"L'amour est la vraie couleur. La vraie matière de l'art.
Ce que nous possedons, pas ce que nous voyons. C'est ça notre réalité."

L'amore è il vero colore, la vera materia dell'arte.
Ciò che possediamo e non ciò che vediamo, è questa la nostra realtà.

(Marc Chagall)


Marc Chagall, Sulla città (foto dal web)

Oggi vi scrivo di una cosa che trovo molto importante, soprattutto in questi tempi.
Rispondendo a un messaggio stamattina, mi sono resa conto che 99% dei miei interessi e amori provengono dalla mia infanzia e che col tempo sono cambiati pochissimo, si sono arricchiti, tanto, ma girano sempre intorno agli stessi assi. Così divento sempre più consapevole di quanto è stato fondamentale per me avere la mia famiglia e soprattutto i miei nonni, crescere in campagna, tra la natura, con tutta la libertà che ci si poteva avere all'epoca in un Paese comunista, e avere a scuola un insegnante straordinario che mi ha aperto ancora di più la mente, l’anima, lo spirito, e che ha fatto crescere in me ancora di più l’amore per l’arte, per i libri, per la poesia, per la bellezza, per la natura, per l’umanità.

Voglio parlarvi proprio di lui, di Nikos, il mio insegnante di letteratura e lingua bulgara che ho avuto nella scuola media, all’età di 11-14 anni. Si chiamava Dimitris, ma usava sempre il suo pseudonimo poetico Nikos. Così tutti lo chiamavamo Nikos, senza nemmeno usare quel “compagno” (non so nemmeno come tradurlo in italiano, tipo “camarade” in francese) che era obbligatorio all’epoca in Bulgaria per rivolgersi a qualcuno (signore, signora, signorina erano proibiti).

Nikos era nato in Bulgaria, ma era di origine greca, i suoi genitori erano fuggiti dalla Grecia per motivi politici. E anche Nikos era venuto nel paese dove abitavo io con i nonni, come insegnante, perché era stato “espulso” dalla città. Così l’hanno punito di insegnare in un piccolo paese di mille abitanti, niente di bello o particolare, al posto di inviarlo in galera, siccome era anti-comunista. Erano gli anni 1985-1988.

Nikos non voleva che ci alzassimo in piedi quando entrava in classe, parlava con una voce tenera e bassa, e sin dall’inizio riuscì a catturare la nostra attenzione con quello che ci diceva. In letteratura saltava tutti quegli scrittori e poeti “servitori” al partito comunista, e prestava attenzione soltanto a quelli veri, “umani”. Invece in lingua bulgara approfondiva sulla grammatica e voleva che noi sapessimo scrivere in modo perfetto, senza errori.

Ogni sua lezione era una lezione di arte e di bellezza. Era fuori da ogni manuale.
Metteva un vinile di musica classica – Chopin e Liszt erano i suoi preferiti, ci portava tanti libri, leggevamo a voce alta le poesie di Marceline Desbordes-Valmore (chi di voi ha mai sentito di questa poetessa francese?!?), di Anna Achmatova e Marina Tsvetaeva, di Alexander Blok, di poeti bulgari meno conosciuti all’epoca, perché non "convenivano" al Partito. Ci portava tanti album dei musei dell’Hermitage e della Tretyakovskaia Galleria – alcuni li ho anche io, perché c’erano le librerie russe all'epoca, con tutta la letteratura, vinili di musica classica, cartoline illustrate di quei famosi acquerellisti russi, e costavano spiccioli. Così scoprii tanti pittori come Aivazovsky che mi affascinò con il suo mare, Kramskoi con la sua eleganza nei dettagli, mi innamorai di Marc Chagall con i suoi personaggi che volavano nel cielo.

Ogni tanto facevamo passeggiate all'aperto, sulle colline vicino al paese, per andare a vedere i crochi selvatici, e poi tornati a casa, avevamo il compito di scrivere una poesia sui crochi... Oppure ci portava nei musei dei pittori, o al cinema a vedere film come "ABBA", invitava in scuola i suoi amici poeti o traduttori.
Ci portava anche il “Giornale letterario” che in quegli anni riusciva a pubblicare molti articoli sul regime comunista, su Stalin e su tutto ciò che era successo nell’Unione sovietica durante il stalinismo. Così scoprii molte cose, e mi si formò ancora di più quel pensiero critico e spirito libero che tuttora vive in me. Avevamo 11 anni quando Nikos ci diede il compito “Che cosa penso della perestroyka?” (il movimento della riforma di Gorbachiov negli anni ’80). Ci faceva scoprire la verità, la bellezza, la poesia del mondo, ci spingeva a riflettere su tante cose, anche su quelle “proibite”. Ci faceva diventare liberi, sentirsi liberi in un regime in cui la libertà non era tollerata.

A 13 anni avevo una cultura così vasta, ed ero sempre di più appassionata dell’arte e della poesia. In un Paese ancora chiuso, io avevo già gli occhi e l’anima aperti a tante cose “invisibili”.
Grazie ai miei nonni, e grazie soprattutto a lui. Nikos.
Perché lui osava. Osava di essere diverso, di fare ciò che trovava importante, senza seguire le “regole” della società che non andavano bene per la società stessa. Osava di parlare, di dire ciò che pensava anche se rischiava la prigione. Osava di seminare tanta bellezza, di far crescere tanta voglia in noi di cercare, di osservare, di leggere, di imparare, di essere curiosi e di nutrire la nostra curiosità, di saper usare la propria testa e soprattutto di essere liberi.

Nikos non c’è più, è volato via in una bella giornata di estate, in un parco qualche anno fa, quasi dieci ormai, aveva 58 anni... e io non sono riuscita a rivederlo più dopo gli anni alla scuola.
In un'altra bella giornata d'estate di qualche anno fa sono stata a Saint-Paul de Vence, alla tomba di Marc Chagall, e ho espresso tutta la mia gratitudine a Nikos. Di ciò che sono adesso, ancora, dopo tanti anni del suo passaggio nella mia vita.
E tutte le sue poesie che sono ancora in me.

Perché lui era un vero poeta.
Anche se non pubblicava le sue poesie.


Blue Nuvola


mercoledì 15 aprile 2020

Cominciamo a immaginare

"L’immaginazione è lo strumento più potente che hai per creare la vita che vuoi."

(Sandro Formica)


Blue Nuvola, illustrazione-collage, 2019

Alle 5.20 mi svegliano sempre loro. Gli uccelli. Puntualissimi!
In questi giorni sono sempre più forti e insistenti i loro cinguettii. E' una vera esplosione, della primavera e della loro gioia.
Parte il primo, avvia una melodia, aspetta la risposta dell'altro, poi continua insistendo ancora di più sull'onda che deve percorrere la voce purché io possa godere ancora di più il canto, perdendo nel frattempo completamente il sonno. E come dormire in questi tempi così ricchi di bellezza?!?

E così, nel momento in cui nasce il nuovo giorno io mi impegno a immaginare il nuovo mondo.
Come sarà?!?
Nessun'altra cosa o evento finora sono riusciti a fermare il mondo, a sospenderlo così come questo invisibile virus di cui tutti hanno paura. Nemmeno i migliaia di bambini che continuano a morire nelle guerre in questo momento, né i milioni di persone che se ne vanno di malattie causate dall'inquinamento dell'ambiente o di cancro.
Allora dovevamo proprio fermarci. E scoprire la paura che abbiamo dentro di noi.
Di quello che non possiamo vedere.
Di quello che ci dicono e a cui crediamo, senza analizzare un minimo l'informazione, i fonti, senza raggionare.
Di incontrare qualcuno per strada e guardarlo in faccia. Già il fatto che è fuori e sta incrociando la tua strada è una minaccia. E se non porta mascherina e guanti è già da inviarlo in prigione.
Di quello che non possiamo capire. All'era delle tecnologie informatiche andiamo in panico se non possiamo trovare subito le risposte, se non c'è una voce su wikipedia che ci spiega anche questa situazione.
Abbiamo tanta paura.
Paura di vivere.
Forse perché ci siamo resi conto della nostra fragilità.
O della nostra stupidità.
O forse perché non abbiamo capito niente.
Paura dell'ignoto.

Torniamo però all'esercizio che faccio ogni mattina.
Immaginiamo il mondo che vogliamo "dopo", il mondo del domani. (Questo virus ha già diviso il tempo come il Cristo - a.v. e d.v.)
Qualche mese fa ho dovuto lasciare il mio monolocale in Francia e fare scelte non facili del tipo "cosa prendo e cosa regalo o butto via". E' stata quasi una dramma per alcune cose a cui ero affezzionata, come piccoli sassi, foglie e fiori secchi, rametti, pigne e tanto altro, ma non potevo prendere tutta la roba accumulata in sei anni. Quindi buttavo via. La cosa che mi dava sollievo è che regalavo anche tante cose a persone a cui potevano servire, mentre io sentivo un sollievo sulle mie spalle, come se diventassi più leggera.
Allora... cosa buttiamo via dal nostro mondo di prima e cosa portiamo in avanti?
Io me lo auguro così:
* un mondo in cui prevalgono i canti degli uccelli sui rumori che crea la gente
* con meno macchine, meno voli, meno petrolio, meno smog, meno inquinamento
* meno plastica, meno confezione, meno imballaggio, meno cimento, meno costruzioni
* più agricoltura naturale, più animali liberi, più aria pulita, più alberi, più boschi e foreste, più terra che respira
* meno ipocrisia, meno paura, meno guerre, anzi niente guerre!
* un mondo più nudo, più naturale, più semplice e una gente meno dipendente, meno schiava, meno consumatrice, più creatrice
* meno amazon, meno supermercati, meno centri commerciali, meno multinazionali, meno globalizzazione
* più prodotti locali, più piccoli negozi, più piccole librerie indipendenti, più alberi, più giardini, più boschi, più verde
* più diversità, più tolleranza, più rispetto
* meno medicinali e chimica, meno produzione inutile
* più qualità, più responsabilità, più etica, più scelta libera, più sostenibilità
* meno cibo buttato, meno gente che muore di fame, meno bambini malati di cancro
* più gioia e felicità, più empatia e solidarietà.

E voi, come lo volete il mondo del "dopo"?

Cominciamo a immaginare.
Perché poi ci sarà da lavorare.
Da cambiare.
Da costruire.
Da vivere senza paura.

E per me... non smetto di immaginare la mia casa, su una collina al sole... dove potrò seminare le mie idee, i miei sogni, creare un orto-giardino... con una piccola libreria e tanto spazio per bambini... e tanti fiori, e tante piante aromatiche e tanti profumi e risate nell'aria......


Blue Nuvola


Aggiornamento del 16.04.2020:
"Lavorare per creare società di cittadini e non di miserabili consumatori"
(Luis Sepúlveda)


venerdì 10 aprile 2020

Afferrare l’intangibile

"...vedere l’invisibile, afferrare l’intangibile, sentire l’inudibile..."

(Samuel Reynolds Hole)


Malus Royalty

Diceva così il sacerdote e orticoltore inglese un secolo fa scrivendo di rose.
Lo scrivo adesso qui usando le sue parole, dopo un'ennesima volta in questi giorni in cui mi sono resa conto quanta paura ha la gente. Di un virus.
Non di altro. Di un virus invisibile.
E non delle cose ben visibili da tanto tanto tempo...
Come l'aria inquinata, come gli alberi abbattuti dappertutto, le foreste bruciate, le specie scomparse.
Come la frenesia del lavoro che ci fa soffocare.
Come lo smog che non ci permette di respirare.
Come l'abitudine di vivere la nostra vita senza essere felici.
Con tanta polvere su di noi.
Come la follia delle nuove tecnologie che ci uccide.
Lentamente, ma in modo così sicuro.
Essere connessi tutti, in una grande rete virtuale, e non essere connessi a noi stessi.
Siamo bravi a condividere post, video, tante sciocchezze, ad inviare messaggi ogni secondo, essere velocissimi con le dita sulla tastiera, ma quanto siamo bravi a essere felici? A conoscere noi stessi, a sapere ciò che ci rende felici?
A essere curiosi fuori dallo schermo del computer o del cellulare? A osservare, a notare le cose che ci circondano? A stare almeno un attimo soli, senza rumori, senza internet?


In questi giorni di "emergenza" forzata e inventata, avete notato quanto può essere bello fare cose semplici, come:
* Svegliarsi alle 5 di mattina dai canti degli uccellini fuori
* Sentirsi chiamati nel sonno da qualcuno, alzarsi e scoprire la luna proprio di fronte, tra le cime dei due pini, tutta piena, bella, grande, tonda, luminosa
* Alzarsi presto e andare a comprare pane dal fornaio vicino a casa mentre tutta la città sta ancora immobile nel suo sonno, e scambiare qualche sorriso e parola con la commessa, nella calma del mattino ancora incontaminato dalla presenza e dalla paura degli altri
* Uscire ogni giorno a guardare il telegiornale della Natura, cercare di trovare le sue "notizie" e novità, le "dieci differenze" che ci sono rispetto al giorno prima, cosa è sbocciato durante la notte, quale nuovo profumo gira nell'aria, quale nuovo fiore si è svegliato nell'erba....
* Godere le foglie degli alberi che si aprono sempre di più ogni giorno, lasciarsi incantare dal colore verde primavera che innebria l'anima con la sua vitalità
* Fare un giretto negli spazi verdi tra i palazzi, "di nascosto", la sera tardi, quando il mondo si ammutisce ancora di più, occupato della sua cena
* Girare con la testa in su, a 360 gradi, come fanno i bambini, guardando le chiome degli alberi, fino a riempire l'anima di gioia e perdere equilibrio
* Tirare i rametti degli alberi in fiore e far cadere i petali sulla testa come fiocchi di neve, respirando il profumo della primavera
* Leggere un libro senza preoccuparsi del tempo che scorre
* Godersi il silenzio assoluto di domenica mattina?


Basta staccare un attimo dai cellulari, da tutti i pensieri, pure dalla famiglia e dai vicini, per scoprire quanto abbiamo dimenticato di capire noi stessi, di cercare i nostri piccoli momenti di felicità,

di "vedere l’invisibile, afferrare l’intangibile, sentire l’inudibile".

Basta vivere e sentirsi felici di esserci.
Non sappiamo esattamente come è nato questo virus, non sappiamo come finirà tutto questo, non osiamo ancora a immaginare il mondo del "dopo", ma in ognuno di noi c'è una forza invisibile per superare le difficoltà, il nostro corpo e la nostra anima hanno tutti i mezzi per vincere anche questo virus.
Senza averne paura.
L'invisibile è riuscito a fermarci, torniamo sempre all'invisibile, ma quello bello, per rialzarci.
E RI-inventarci la vita.
E il nostro mondo.
Senza tornare a quello di "prima".

Blue Nuvola